«Ma quanto è bello andare in giro per i colli bolognesi?», cantavano già nel 1999 i Lùnapop, la band di Cesare Cremonini. E che avessero proprio ragione lo si capisce quando, nel verde appena fuori città, ci si imbatte in posti come il Ca’ Shin. Il nome, tratto dall’ebraico “Shin” che vuol dire “cambiamento”, riflette la filosofia della struttura. Immerso nel grande parco Cavaioni, la storia del locale inizia nel 2008 quando la cooperativa Le Ali vinse un bando comunale per riqualificare l’antica Villa Silvetta, da anni ormai abbandonata.
Il progetto, un raro esempio di bioedilizia e di ampio riutilizzo dei materiali, ha dato vita a uno dei migliori ristoranti a km0, ma non solo: Ca’ Shin, infatti, ospita anche mostre d’arte, corsi di inglese per bambini, una biblioteca e tanti luoghi di condivisione, aperti offrendo opportunità lavorative e di reinserimento sociale a persone in difficoltà. Al secondo piano, invece, la suggestiva “Sala Angeli”, caratterizzata dai giochi di luce che l’attraversano, viene affittata per lauree ed indimenticabili matrimoni.
Nel silenzio del parco, surreale se pensiamo che dista solo otto chilometri dal centro cittadino, i bolognesi possono godere così di un rapporto privilegiato con la natura e sfruttare al meglio “lo spazio che non manca”, tanto per citare lo slogan estivo della struttura. Fra gli ambienti dedicati al cibo, oltre al ristorante vero e proprio, troviamo infatti l’orto, il forno, la veranda e la nuovissima Casetta. Qui, viene servito un menu più stringato – scritto su una lavagna di ardesia – da consumare al tavolo o da mangiare, durante uno spensierato picnic, sul verde prato che circonda la villa: bruschette, pollo fritto al limone, arrosticini, polpette di ceci con salsa allo yogurt e hambuger di Fassona sono alcune delle proposte.
In ogni caso, una cucina sostenibile e a km0 è il filo rosso che intreccia le scelte del Ca’ Shin. Una filosofia green protagonista anche della location, spartana ma accogliente. I tavoli – antichi e di recupero – contribuiscono a creare un clima che ricorda quello delle vecchie case di campagna, mentre le pareti sono abbellite dai lavori di alcuni pittori locali. La pasta rigorosamente fatta in casa e tirata a mano è il punto di forza dei menu stagionali, arricchiti dalle verdure e da tutti quei prodotti coltivati direttamente nell’orto bio-dinamico del Ca’ Shin.
Le proposte del ristorante – invitanti al palato e agli occhi e, allo stesso momento, rispettose del Pianeta e del nostro organismo – spaziano dalle classiche tagliatelle (condite con ragù tagliato al coltello, con prosciutto e limone o con porcini e finferli) alle salsicce e costine con salsa barbeque, passando per l’antipasto emiliano per antonomasia: tigelle e crescentine con affettati, formaggi e – che sorpresa! – fichi. Tutti i piatti portano la firma di uno degli artisti della cucina più conosciuti a Bologna, Ivan Poletti, già chef de Il Sole a Trebbo di Reno, della Cantina Bentivoglio e del Teatro della Carne a Fico: il cuoco ha scelto così i colli e i profumi del bosco per dare nuovo slancio al suo genio creativo.
Con Poletti ai fornelli, non possono ovviamente mancare i suoi famosi tortellini in crema di parmigiano, con i quali, nel 2014, ha vinto la “Disfida del tortellino” nel Palazzo ducale di Modena. Incuriosisce, poi, anche il Tomahawk, un gigantesco e prelibato taglio di carne cotto al Bbq che, per via della forma dell’osso, prende il nome dall’ascia da guerra dei nativi americani. Per finire, si passa ai dolci con sorbetti di frutta fresca di stagione, tiramisù, crema cotta alla vaniglia del Madagascar con caramello spento al caffè e caprese al cioccolato. Una cucina che valorizza il territorio e la tradizione, inserita in una location unica, immersa nel verde e in sintonia col Pianeta. Tutto a chilometro zero. Anzi, a centimetro zero.