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Interviste

Lo chef Taglienti, il Lume e i sapori perduti della Liguria

Intervista a Luigi Taglienti, tra recupero del passato e tensione verso il futuro

Il ligure Luigi Taglienti aveva già portato a Milano il suo stile inconfondibile nelle cucine del Trussardi alla Scala e, per un po’ di tempo, a Palazzo Parigi. Poi ha finalmente aperto un ristorante tutto suo, l’ormai celebre (e stellatoLume, riportando in luce una zona di Milano usualmente trascurata, cioè quella di San Cristoforo sul Naviglio, tra l’altro nell’ambito di un’interessante opera di archeologia urbana che ha visto il recupero di un ex-spazio industriale.

Ristorante stellato Lume - Orto

E parlare di “archeologia urbana” qui non è casuale: la cucina dello chef Taglienti vive tra gli stessi poli opposti del recupero del passato e della tensione verso il futuro. L’antica tradizione gastronomica delle Alpi Marittime, la commistione del mondo del mare e di quello della montagna, le reinterpretazioni moderne di classici senza tempo delle sue terre sono alcuni dei pilastri della sua cucina.

Ristorante stellato Lume - Spaghetti al Pesto

Ed è proprio a proposito della sua cucina e del suo ristorante che noi di Flawless Milano lo abbiamo incontrato in occasione dell’evento organizzato da Grey Goose “Atelier of Taste” presso l’Hotel Sheraton Diana Majestic. Tra una combinazione di odori e sapori, lo chef Stellato Luigi Taglienti, insieme al bartender Luca Angeli hanno creato una degustazione di abbinamenti insoliti e sorprendenti. A supervisionare il tutto Francois Thibault, il creatore della vodka più famosa del mondo nonché Maître de Chai, che dopo aver fatto un’introduzione sullo straordinario mondo Grey Goose, si è unito agli ospiti nella degustazione.

Grey Goose Atelier of Taste @ Sheraton Diana Majestic | Luigi Taglienti

Come esprimi ciò che pensi della cucina attraverso i tuoi piatti? Cosa vuoi che il cliente pensi di Luigi Taglienti?
Io attraverso la mia cucina innanzitutto esprimo me stesso, quindi non è la tecnica che guida il mio pensiero ma al contrario è il mio pensiero che mi porta a studiare e sviluppare nuove tecniche di cucina. Traduco il mio pensiero in tecnica culinaria. La mia cucina è un giusto twist di heritage ed evoluzione, ovvero la conoscenza del classico e la consapevolezza di essere in un paese con forti e radicate tradizioni, anche se per me la vera tradizione è la memoria. Ognuno di noi ha dei sapori impressi nella mente, nella memoria. Questo è il vero concetto di tradizione, non è la ricetta in sé ma sono i sapori. Un po’ come abbiamo voluto fare quest’oggi interpretando il sapore acido, il sapore amaro, attraverso un’idea che si è poi concretizzata in tecnica. Non so cosa pensi di me chi si siede al mio tavolo, anche perché abbiamo una proposta a 360°, noi offriamo al pubblico una cucina molto creativa, una cucina che rispecchia i sapori di Milano in un modo nuovo e un’italianità attraverso i prodotti, tutti quei micro prodotti che hanno reso grande il concetto di Made in Italy nel mondo.

Grey Goose Atelier of Taste @ Sheraton Diana Majestic

Nella tua carriera hai brillato per l’inventiva dei tuoi abbinamenti. Qual è l’abbinamento più insolito di cui sei più orgoglioso?
Francamente sono abituato a non vivere di quello che è già stato fatto ma a guardare sempre avanti per non darmi dei limiti. Con molta umiltà e molto lavoro cerchiamo di produrre sempre concetti nuovi per stimolare noi stessi e chi si siede al nostro tavolo. Non so identificare l’abbinamento più strano, di strani ne abbiamo fatti parecchi. Posso dare un concetto che amplifica un po’ il discorso: l’acidità. Il lavoro costante su tutto quello che è acidità, proveniente da agrumi, da vini, da aceti, da alcol… l’acidità è un aspetto fondamentale della mia cucina.

Grey Goose Atelier of Taste @ Sheraton Diana Majestic | Piatti Luigi Taglienti

Come si reinterpreta una tradizione antica in chiave moderna? A cosa dai più attenzione quando reinventi una ricetta?
Io cerco di riattualizzare, che non è reinventare e nemmeno rivisitare. Reinterpretare come dicevo prima quello che è un sapore, un sapore della memoria che rievoca un qualcosa che abbiamo già vissuto e che è secondo me il vero concetto di Made in Italy. Quando riusciamo a fare questo vuol dire che siamo ad un buon punto rispetto a quella che è la nuova idea di italianità, sia in Italia che nel mondo.

Ristorante stellato Lume - Controfiletto alla milanese

A quali altre tradizioni, diversa dalla ligure, si è aperta o potrebbe aprirsi in futuro la tua cucina?
Io sono aperto a tutti gli ingredienti, l’importante è che non influenzino troppo la mia cucina, che è molto personale. Credo che in questi ultimi anni la cucina italiana sia stata influenzata dalle altre nazioni in maniera positiva ma credo anche che oggi dobbiamo essere in grado noi di influenzare gli altri paesi con una nuova idea di Made in Italy, di cucina italiana.

Ristorante stellato Lume - Sette tagli di pesce

Qual è il tuo ristorante preferito di Milano, oltre a Lume ovviamente?
(ndr. ride). Allora, la mia idea di ristorante è un’idea di casa, un posto dove mi sento a mio agio, dove sto bene con l’ambiente e dove posso trovare una proposta che mi soddisfi senza andare troppo fuori dai canoni dell’italianità. Se devo dirtene uno è il ristorante di un amico che è “La cantina di Manuela”, un ristorante molto semplice ma dove c’è un’accoglienza che ti fa sentire a casa. Io vado tutti i lunedì, quindi potete trovarmi lì.

Cosa cucini a casa nella vita di tutti i giorni?
A casa non cucino. Non cucino perché non sono mai a casa, purtroppo. Se devo cucinare, a casa mia non manca mai una buona pasta e l’olio che viene fatto da mio zio nell’orto. Mio zio ha comprato dieci fasce sul mare in Liguria, con delle piante di ulivo, il terreno era fermo da trent’anni, quindi molto fertile, dà grandi risultati. Se devo cucinare scelgo una pasta corta, un fusillo o uno spaghetto di altissima qualità, un filo d’olio, una buona bottiglia di vino semplice (può essere una Lumassina Ligure) e poi se devo assaggiare qualcos’altro assaggio i carciofi sott’olio che fa mia mamma.

Qual è il piatto peggiore che ti è capitato di cucinare? Perché era il peggiore?
Allora non è un piatto ma un ingrediente. Quando lavoravo a Cuneo (la mia prima stella l’ho presa a Cuneo al ristorante “Antiche Contrade”) avevo un fornitore che mi dava i gamberi di fiume. Un giorno mi chiama e mi dice: “Guarda, mi si è fermato in una pozza uno storione, lo vuoi?” così gli ho detto di portarlo. A me il caviale piace, è un ingrediente che utilizzo per impreziosire alcune preparazioni, tra l’altro ho fatto il poissonnier a Cannes, quindi di pesci ne ho visti di tutte le forme, di tutti i tipi. Quando mi trovo sul tagliere questo storione lo guardo e capisco subito che è un pesce che non avrei mai cucinato, non sono riuscito a mettergli il coltello addosso. Ha vinto lui, bruttissimo, davvero tremendo (ndr. Ride).

Il tuo posto preferito a Milano per le seguenti occasioni:
Colazione: Non faccio mai colazione, non voglio dirti una bugia.
Brunch: Il Principe di Savoia.
Pranzo: La Cantina di Manuela.
Aperitivo: La Bottega del Vino.
Cena: L’Antica Trattoria del Gallo a Gaggiano.
Drink: Dal mio amico Luca al Four Season.
Serata: La serata che non ho mai fatto ma che mi son promesso di fare perché il proprietario è un mio cliente è il Just Cavalli, mi invita tutte le sere, come sabato scorso ma con grande rammarico ho dovuto rifiutare. Faccio una vita molto semplice e segregata, rischio di essere noioso (ndr. ride).

Una chicca per i nostri lettori: il tuo “angolo nascosto” preferito di Milano.
Mi piacerebbe riuscire a fare delle lunghe passeggiate sul naviglio che porta ad Abbiate Grasso. Da via Watt ad Abbiate Grasso. Un amico lo porterei lì.

Grazie ancora per il tuo tempo e complimenti dalla redazione di Flawless Milano!

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