Come sempre, sei a caccia. Del Bello e di storie da raccontare. Ti ritrovi così al civico 15 di via G. Jan, in una delle case museo del Circuito del Comune di Milano, tra cui si annoverano anche il Museo Bagatti Valsecchi, Villa Necchi Campiglio e il Museo Poldi Pezzoli. Sei nella residenza dei coniugi Boschi Di Stefano, in una signorile palazzina degli anni Trenta del Novecento progettata dall’Architetto Piero Portaluppi. A darti il benvenuto c’è il servizio di accoglienza a cura del Touring Club Italiano.
Un ingresso candido, pulito e rigoroso nelle linee ti accoglie e ti incanta. Ma subito vieni catturato dalla rampa di scale che profuma di muffa e di storia. Ne assapori ciascun gradino salendo al secondo piano. Un appartamento si apre davanti ai tuoi occhi: luminoso, pulsante d’arte in ogni dove. Ha il sapore del nido d’amore.
La coppia: lui, Antonio Boschi, classe 1896, è un ingegnere della Pirelli dalla brillante carriera, confermata dai suoi numerosi brevetti tra cui il GIUBO, il Giunto Boschi. Lei, Marieda Di Stefano, classe 1901, è figlia del collezionista d’arte Francesco Di Stefano. Innamorata della ceramica e delle sue molteplici possibilità, frequenta un corso da ceramista, acquistando bravura e notorietà nel corso degli anni. Ne apre addirittura una di Scuola di ceramica, nel 1962, nello stesso palazzo in via G.Jan, diretta fino al 2011 da Migno Amigoni. Un colpo di fulmine il loro, un amore sbocciato in Val Sesia, durante una vacanza. Ma dovranno aspettare un anno per convolare a nozze nel 1927, come convenzioni sociali dell’epoca imponevano.
La collezione: non poteva non portare i loro nomi. Frutto della loro opera comune, in senso totale. È il loro bambino. Risultante di valutazioni, di realizzazioni, di sacrifici finanziari e conseguenti rinunce in altri campi. Sul piano artistico, concordanze di gusti, di indirizzi, di scelte. Entrambi con un’infinita passione per l’Arte in tutte le sue forme. La collezione presente mostra soltanto trecento delle oltre duemila opere raccolte dai coniugi Boschi.

Riproduzione del dipinto La Venere dei Porti di Sironi
I ritratti dedicati ai coniugi Boschi, insieme alle ceramiche della stessa Marieda, accolgono gli ospiti nella loro dimora meneghina. Severini e Boccioni accompagnano fino alle porte della sala del Novecento italiano con Funi, Marussig, Tozzi, Carrà e Casorati. E poi Sironi, in una sala interamente dedicata all’artista, in compagnia di Arturo Martini e le sue sculture. E ancora, il Gruppo di Corrente, con Moranti e De Pisis. I Chiaristi, tutti riuniti in un piccolo corridoio, anticipano la sala degli Italiens de Paris con Campigli, Paresce, Savinio, De Chirico. A Fontana è stato dedicato un prezioso insieme, con venti dei suoi lavori, mentre le ultime due stanze sono riservate ai postcubisti picassiani, agli spazialisti, ai nucleari e ai pittori informali, in cui spicca Piero Manzoni con i suoi famosi Achrome. E ancora, la collezione di violini dell’Ingegnere Boschi. Eh sì, perché all’Ingegnere piaceva anche la musica. Una passione la sua, soprattutto per il violino.
Non uno spazio vuoto alle pareti. L’ambiente trabocca d’arte. “Perché altra ragione al di fuori dell’Arte stessa non ha motivo d’esistere”. In primis, quindi, fu una casa, nido d’amore dei coniugi Boschi: un luogo accogliente dove vivere la loro quotidianità milanese, dove ricevere i loro ospiti, conversare e arricchirsi culturalmente. E grazie al senso civico dell’Ingegnere Boschi, ora è anche un museo in cui perdersi ed emozionarsi.