Pranzare o cenare nel ristorante di un hotel, perché no? È una tendenza che in Italia sta prendendo (lentamente) piede, mentre nel resto del mondo è già stata sdoganata da un po’. A Parigi, New York e Londra, darsi appuntamento al bar o al ristorante di un albergo di lusso per godersi un drink o un buon piatto è sempre stato piuttosto usuale, mentre qui da noi sembra ancora una situazione troppo formale. Eppure, se il menù vale la pena, l’estetica è curata e l’atmosfera cool, mangiare in hotel può diventare un’esperienza veramente gradevole. È il caso del ristorante del Bianca Maria Palace Hotel, quattro stelle situato a pochi passi da Piazza V Giornate, in una zona così verde e residenziale, che, tra imponenti palazzi d’inizio secolo ricoperti d’edera e alberi di magnolia, ci si dimentica di essere nel pieno centro di Milano.
L’edificio che ospita l’hotel è un palazzo testimonianza milanese dell’architettura anni ’40, che ha lasciato un’inconfondibile impronta nella splendida (e ultra instagrammata) scala a chiocciola che si avviluppa sinuosamente per tutti gli otto piani. Un’oasi di pace a pochi passi dal più battuto, e forse un po’ inflazionato, Viale Premuda, il Bianca Maria Palace Restaurant e Lounge Bar dispone di una sala interna di design, che comprende anche un cocktail bar, e di due deliziosi spazi esterni, che in questa stagione consentono di pranzare circondati da macchie di fiori viola e dal delicato profumo di gelsomino.
Il ristorante è aperto a pranzo e a cena, e si rivela la location perfetta sia per un business lunch in un contesto tranquillo e riservato, sia per un pranzo tra colleghi, per una cena romantica, o una serata tra amici. Il menù è curato dallo chef Edoardo Lorenzetti: romagnolo, con alle spalle esperienze nelle cucine di Cracco, Marchesi e Berton, porta avanti un’idea di cucina chiara e lineare, dove il concetto chiave è quello di identità. I suoi piatti sono riconoscibili e ben descritti nel menù e, anche quando si concedono qualche guizzo creativo, rispecchiano estetica e gusto della ricetta classica. Tra i signature dish del momento, per esempio, c’è una versione milanese dei ravioli del plin: rigorosamente fatti in casa, ripieni di osso buco, con salsa allo zafferano. Ma il menù comprende anche primi di pesce che strizzano l’occhio alla cucina del sud Italia, come la calamarata con vongole, cime di rapa e profumo di bergamotto e secondi piatti “importanti” e saporiti, come la quaglia ripiena e la spalla e carré di agnello.
Sfogliando le pagine del menù emerge una proposta gastronomica sincera e senza tempo, attenta nella sua opera di rivisitazione in chiave contemporanea delle ricette regionali e memore di qualche influenza internazionale. Non mancano piatti iconici della tradizione italiana come gli spaghetti al pomodoro e la cotoletta di vitello con patate fritte e maionese al Worchester, che vengono eseguiti con la stessa maestria richiesta dalle preparazioni più complesse. Infine, lo chef non disdegna qualche contaminazione asiatica, evidente nell’uso dello zenzero, del tè nero cinese Lapsang Souchong del schichimi, una tradizionale miscela di spezie tipica della cucina giapponese. D’obbligo lasciarsi uno spazio per il dolce: l’italianissimo Limone evoca sapori e profumi della riviera, declinando l’agrume nazionale in varie consistenze. È un dessert fresco ma allo stesso tempo goloso, che chiude l’esperienza gastronomica al Bianca Maria Restaurant in maniera piacevole e coerente.