Responsabilità, rispetto, etica, e sostenibilità. Premessa per ogni attività di successo sono delle fondamenta solide; Horto ha scelto di costruire la sua filosofia su un equilibrio delicato, fragile se vogliamo, che è quello della vita, della nascita e della morte, e di quel momento effimero che è l’esistenza di tutte le cose. Eppure, questo velo di vulnerabilità nasconde una forza travolgente, il vigore e l’impetuosità della natura su cui il rivoluzionario ristorante diretto magistralmente dal tre stelle Michelin Norbert Niederkofler ha deciso di scommettere il suo futuro.
Saliamo all’ultimo piano di The Medelan, uno di quei palazzi dove si sente quasi Milano trasudare dalle pareti. Progettato da Luigi Broggi nel 1902 per il mondo del business, l’edificio è un perfetto incontro tra il retaggio di una città globale dai suoi albori e le necessità contemporanee. Ascensore, sesto piano, e si scende dove si pensa di poter toccare il cielo se ci si alza abbastanza sulle punte dei piedi. Secondo Oscar Wilde non c’è una seconda chance per fare una buona prima impressione, Horto forse non ha bisogno neanche della prima, perché la leggerezza della sua atmosfera, il candore e l’ariosità di questa serra dell’alta cucina milanese filtrano dalla porta d’ingresso e ammaliano l’avventore come fumi afrodisiaci ancora prima di varcarne la soglia. Il locale si fregia di eleganti arredi di design e delle tinte neutre del legno e della terra, dalle sedie, ai tavoli, ai freschissimi centrotavola floreali che sembrano scaturire dal legno stesso della mobilia come fossero stati seminati al suo interno. Le enormi vetrate che circondano tutto l’ultimo piano dell’edificio aprono la vista di questo incantevole rooftop su una terrazza dove consumare comodamente il pranzo o l’aperitivo sotto ai raggi del sole, e dove lo sguardo si perde fino alle sognanti guglie del Duomo.
La cucina, una vera e propria filosofia per lo chef altoadesino Norbert Niederkofler, regge il confronto con la location. A proposito di letteratura, al team di Horto piace definirsi un “locus amoenus”, un rifugio bucolico dove si ritorna alla genuinità del rapporto con il produttore, un produttore che può garantire un prodotto stagionale di altissima qualità e la cui cascina, caseificio o campo che sia non dista mai più di un ora dal ristorante. Da Horto quello del pasto è un momento lento, in cui si entra in sinergia con la terra e si apre un multiverso sensoriale unico per ciascuno di noi, un istante che dura ore in cui si rivedono i colori vividi percepiti dagli occhi di quando eravamo bambini e i cibi che mangiamo tutti i giorni all’improvviso sanno di qualcosa di sconosciuto e sublime.
Non è difficile immaginare il profumo polveroso del fieno in una cagliata di latte vaccino con funghi e tartufo nero, l’umidità dell’aria del sottobosco nel sapore selvatico di un controfiletto di cervo con millefoglie di rapa, né è improbabile meravigliarsi al primo assaggio del risotto allo zafferano e midollo alla griglia dello chef, un classico della cucina milanese che avvolge il palato in un confortevole velo di ricordi.
Non diremo che Horto è il luogo che fa per voi perché in realtà è il luogo che fa per tutti, nella misura in cui, come esseri umani, siamo inesorabilmente e fortunatamente legati ai ritmi della terra.