Dopo aver aperto ristoranti a Bologna, Castel Maggiore, Firenze e Torino, Salvatore e Matteo Aloe hanno portato la rivoluzione della pizza anche a Milano. Siamo nel cuore del quartiere Isola – in via Sebenico 17 – e stiamo ovviamente parlando di Berberè.
Queste due parole – rivoluzione e pizza – tendono a destare preoccupazione invece che eccitazione e non senza motivo. Nella nostra mente iniziamo a visualizzare immagini di condimenti inusuali e stravaganti come olii tartufati, uova strapazzate o, Dio non voglia, il più temuto da ogni italiano che si rispetti… l’ananas. Rilassatevi. Non c’è nemmeno uno spicchietto d’ananas in vista da Berberè.
Il menù – a dispetto del loro motto – è piuttosto rassicurante e decisamente conciso (come piace a noi). Troverete sei “rosse” (a base pomodoro), sette “bianche (a base fior di latte) e una “viola” (eh sì, proprio a base di barbabietola). L’ultima, lo ammettiamo, è sicuramente la più audace ma la gran parte del menù è popolata dai grandi classici che preferiamo: mozzarella, prosciutto e ‘nduja.
Quello che è veramente rivoluzionario in questa pizza giace sotto i condimenti, all’interno dell’impasto. Invece di usare il lievito tipico della pizza napoletana, Berberè usa lievito madre, molto più difficile da lavorare ma che, se usato bene, dà un sapore e una consistenza inconfondibile al vostro piatto preferito. L’impasto, lievitato per 24 ore a temperatura controllata ha un sapore leggermente aspro e più intenso di quello a cui siete abituati. Più facile da digerire, potrete fare il bis della vostra pizza preferita oppure condividere quelle che più vi piacciono con gli amici – in linea con la filosofia di condivisione di Berberé – fino a perdere il conto di quante ne avrete realmente mangiate.
Per darvi un’idea di quanto sia centrale la questione del lievito madre, il menù del giorno di Berberè non indica condimenti speciali ma i diversi impasti realizzati con diversi tipologie di grano come il farro e l’enkir.
Arriviamo a Berberè alle 8 di sera, subito prima che il locale inizi ad affollarsi. Ci sono tre grandi sale, tutte arredate con un mix di grafiche funky e quadri che richiamano il minimalismo degli anni ’50. I tavoli sono in semplice formica, come i vecchi banchi di scuola delle elementari per intenderci. La musica che aleggia nell’aria è di Kendrick Lamar e Rick Ross ma il volume è molto più discreto di quello a cui eravate abituati ad ascoltarli. È una pizzeria sfacciatamente cool in quartiere di tendenza ma non fareste fatica a convincere i vostri genitori ad assaggiare una delle loro proposte all’ultimo grido.
Iniziamo con un antipasto di crostini di acciughe con burro, che sembra la tipica cosa che si può fare benissimo a casa… portandosi via il pane di lievito madre di Berberè ovviamente! Lo accompagniamo con una birra artigianale del birrificio lombardo Brewfist, che sembra un discepolo della fermentazione proprio come i ragazzi di Berberè.
La cameriera (gentilissima, preparata e veloce) suggerisce di provare una pizza con impasto speciale e una tradizionale. La specialità di oggi è il farro. L’impasto è leggero, ricco e pieno di sapori. È arrivata con una commovente stracciatella di Bufala e prosciutto crudo, ma quello che veramente ha reso il tutto eccezionale è l’olio aromatizzato all’arancio appena sfumato sopra. La seconda pizza invece, la “viola”, è leggermente fuori dai nostri gusti, ma l’impasto si conferma una vera bomba. È una delle poche pizze che potreste pensare di mangiare al contrario, iniziando dalla crosta.
Finiamo la cena con un sorbetto al mandarino e fave tonka. Come la stracciatella e il prosciutto crudo, è semplicissimo ma estremamente soddisfacente.
Lunga vita alla rivoluzione!