La nuova mostra “Lo sguardo di Narciso“, al The Flat in via Paolo Frisi 3, racconta di un Narciso che fatica a trovare la sua immagine. Gli artisti internazionali invitati, utilizzando materiali o superfici specchianti, restituiscono figure beffarde che ci spingono a riflettere sulla nostra identità di spettatori.
L’artificio degli artisti distorce, frammenta i riflessi e ostacola il rapporto tra lo specchio e l’osservatore. Matthew Allen, Sauro Cardinali, Jason Gringler, Sali Muller, John Nicholson e Jonny Niesche, come dèi severi, intervengono direttamente su queste superfici disturbando la nostra ricerca rassicurante. Le opere in mostra sono visioni frantumate, offuscate, interrotte che impediscono il ricongiungimento ideale tra noi e il nostro riflesso. Questi specchi opachi, in parte coperti, o distorcenti che cospargono le pareti e lo spazio della galleria invitano a un ritorno all’origine. Un’origine in cui osservare opere d’arte era l’obiettivo di chi andava per mostre e musei.
Quante volte ci è capitato di camminare lungo i corridoi caotici di una fiera d’arte contemporanea e di incontrare casualmente il nostro riflesso in una delle tante superfici riflettenti appese alle pareti? E quanto ci sentiamo sollevati, invece, nello scorgere i nostri volti sulle pareti a specchio di un palazzo quando camminiamo per strada? Forse stiamo cercando un punto di riferimento che solo la nostra immagine ci può dare.
La realtà è che ci siamo dimenticati di guardare ciò che sta tra noi e il nostro riflesso. Abbiamo dimenticato la famosa superficie riflettente che diventa opera solo laddove il visitatore vi si specchia e guarda solo attraverso lo specchio alla ricerca del proprio ego. Narcisi contemporanei, ci dimentichiamo dell’arte e trattiamo gli specchi come meri oggetti utilitaristici.
Le opere riconquistano un’attenzione che era andata persa in un mare di vanità. Ecco, di nuovo si vedono colori, forme, profondità, tratti che lo sguardo di Narciso aveva dimenticato. Da The Flat è impossibile perdersi nell’inganno degli sguardi e si torna dunque a celebrare l’arte; con gesti decisivi gli artisti hanno interposto un ostacolo sottile tra noi e gli amati specchi che ci stavano portando alla cecità. Eravamo accecati dalla nostra stessa immagine e ora torniamo a vedere.