Un paio di avvertimenti, prima di iniziare: “Vi preghiamo di impostare il cellulare sul tono silenzioso” e “Vi chiediamo di non scattare fotografie e di non taggarvi sui social network. Contribuireste a far perdere l’incanto di un luogo senza tempo”. Eccoci dunque al chiacchieratissimo 1930 (stesso gruppo del Mag Navigli, Backdoor43, Barba e Iter), un club speciale, esclusivo. Il secret place meneghino ispirato agli speakeasy dell’America del proibizionismo.
Un mappamondo. Un pianoforte. Note che danzano scaldando l’atmosfera. Poltrone, sedie e divanetti. Un bancone essenziale, così deliziosamente anni ’30. Pezzi di arredamento unici che compongono la sala, con in mezzo, fra gli altri cimeli, il vero vestito che Alain Delon indossò durante le riprese di uno dei suoi film. Una raccolta di estratti di storie sulla Milano di un’altra epoca, di tempi diversi. Pochi posti per una chiacchierata tra amici, per gli “amici del MAG”, lo storico locale sui Navigli in Ripa di Porta Ticinese 43 e del Barba, di recente apertura in via San Gregorio 40.
In una città in cui non ci sono più segreti, in cui si rincorre il nome e la fama, lui lascia tutti sorpresi col suo mistero. Non basterà infatti prenotare, già solo scovare l’indirizzo è difficile.. Per accedere dovrete farvi accompagnare da un socio oppure rassegnarvi piacevolmente all’idea di dover frequentare il MAG o il Barba, ed entrare nelle grazie dei proprietari.
La prima volta che ci siamo stati, ricordo di aver percorso la via, che conoscevo fin troppo bene, chiedendomi dietro quale vetrina, vista e rivista, si sarebbe svelata la famosa porticina. Il “locale copertura” maschera alla perfezione l’ingresso: una pizzeria d’asporto di pochi metri quadrati, a metà tra un ristorante cinese e un kebab. Il nostro collega mostra la tessera, un bigliettino bianco adornato dal solo, piccolo rilievo del logo 1930 con il suo nome – in pieno stile proibizionismo – scritto con inchiostro simpatico visibile solo agli ultravioletti. Ancora non ci credo. Eccoci qui, un cameriere estremamente chic ci mostra la strada e in men che non si dica siamo dentro.
Sono le 10:00 e abbiamo la fortuna di godere della quasi esclusiva del pianista ancora per un’oretta, prima che gli altri ospiti inizino ad arrivare. Ne approfittiamo per chiedere un paio di canzoni e per assaggiare qualcosina dal menù: il tartare burger. Delizioso. La scelta dei cocktail è sicuramente più difficile di quella del cibo, ma lasciarsi ispirare in un posto così viene naturale, per questo iniziamo con un giro sulle proposte di stagione.
Così come questo bar non è un semplice bar, il menu non è un semplice menu. È un libro, a dire il vero, una sorta di feuilleton a episodi che mescola le proposte drink a una storia ambientata proprio nello speakeasy. I cocktail, a tutta prima, lasciano esterrefatti. Probabilmente conoscerete solo la metà degli ingredienti ma l’unica cosa che serve davvero è affidarsi allo staff. Il Jungle Book, con le sue note di gin e i suoi aromi tropicali, è uno dei migliori. Nemmeno il Silk scherza, col suo odore di sake erbaceo e il suo calice avvolto in un drappo di seta. Ma anche gli amanti dei sapori forti avranno di che gioire: cocktail come il Caronte o lo Sleeping Beauty sono proprio quello che ci vuole per arrivare all’altro mondo.
Le chiacchiere vengono da sé e i cocktail iniziano a scorrere. Di tanto in tanto si scende al piano inferiore, una taverna in perfetto stile inglese, con grandi scaffali di bottiglie allineate e solo poco più buia del locale superiore, per fumare una sigaretta. In men che non si dica guardiamo l’orologio e sono le due. Pensiamo tutti di comune accordo che vorremmo vivere nello stesso palazzo, al piano di sopra, per poter scendere tutte le sere a bere un bicchiere. Nel frattempo ci accontentiamo della bellissima serata e chiediamo il conto. Un consiglio ve lo diamo noi: fate carte false pur di arrivare alla tessera!